mercoledì 22 aprile 2015

mercoledì 15 aprile 2015

Saudi Green Building Forum 2014

eng. Mauro Nicoletti  - SGBF 2014








mercoledì 8 aprile 2015

Lavori Pubblici quadro normativo europeo e BIM: la situazione italiana.

Ing. Mauro Nicoletti*, arch. Sante Battistuzzo**

Lavori Pubblici quadro normativo europeo e BIM: la situazione italiana.

Per rispondere alla sempre maggior necessità di approfondimento sulla metodologia BIM e alla sua applicazione, lo scritto cerca di delineare, rispetto alla recente Direttiva Europea sugli Appalti Pubblici n. 2014/24/UE, il quadro normativo a livello internazionale e i vantaggi/svantaggi legati alla sua attuazione nel contesto italiano.

Per riuscire a comprendere al meglio i contenuti della Direttiva Europea sugli appalti pubblici e le sue possibilità di applicazione, bisogna innanzitutto definire nella maniera più chiara possibile in che cosa consista il BIM (Building Information Modeling): una definizione condivisibile potrebbe essere quella di “un processo di generazione, sviluppo e gestione di un modello multi-funzionale di un oggetto (architettonico)”. Un processo quindi che, in quanto tale, interessa l’intera filiera legata all’edilizia e che coinvolge tutti gli operatori, a favore di una razionalizzazione della sua gestione, dall’idea iniziale di concepimento fino alla sua gestione: è quanto mai riduttivo infatti pensare al BIM come una mera, seppur efficace, rappresentazione 3D, perchè esso significa invece la gestione (spesso la lettera “m” nell’acronimo viene letta come “Management” piuttosto che “Modeling”) di un’opera nel suo intero ciclo di vita e nei diversi specifici settori. La metodologia BIM garantisce e favorisce l’interoperabilità delle diverse competenze professionali all’interno del processo costruttivo e l’integrazione delle informazioni in tutte le fasi: non si limita inioltre al 3D, ma consente l‘elaborazione dei tempi di realizzazione (4D), dei costi (5D) e dei processi di gestione e manutenzione.

Da un’analisi della Direttiva Europea sugli Appalti Pubblici (emanata il 18 aprile 2014 e che ogni stato membro dovrà pertanto adottare nella propria legislazione entro due anni) emerge una chiara e precisa volontà nei principi generali di adottare il più possibile metodi innovativi e una tendenza, che chiaramente non può essere univoca a garanzia della libera concorrenza, verso l’adozione della metodologia BIM, come si legge nell’art.22 c.4:

For public works contracts and design contests, Member States may require the use of specific electronic tools, such as of building information electronic modelling tools or similar. In such cases the contracting entities shall offer alternative means of access as provided for in paragraph 5, until such time as those tools become generally available within the meaning of the second sentence of the first subparagraph of paragraph 1.”

La Direttiva sottolinea più volte il carattere di ricerca e di innovazione che si dovrà osservare nella descrizione degli appalti pubblici e nella loro aggiudicazione, per digitalizzare nel miglior modo possibile l’oggetto dell’appalto, al fine di ottenere offerte chiare e precise sia dal punto di vista qualitativo che economico, di ottimizzare le tempistiche di realizzazione dell’opera e di ridurne i costi. Alcuni stati membri, specialmente nel Nord Europa, si sono già adeguati o hanno integrato la loro legislazione introducendo il BIM per gli appalti sopra una certa soglia (in Finlandia per esempio si parla del 70% dei lavori svolti con questa metodologia), altri stanno già investendo in programmi di incentivazione del BIM, si pensi al Regno Unito che ha stanziato una cifra come 10 miliardi di sterline per progetti BIM-based, o come la più vicina Austria che da inizio 2016 avrà i primi appalti pubblici BIM-based; e in Italia a che punto siamo? Innanzitutto bisogna dire che il BIM è abbastanza conosciuto dai professionisti, anche se pochi lo usano al pieno delle sue potenzialità, e molto poco invece da costruttori e anche dalla pubblica amministrazione: questo si può sicuramente attribuire ad un periodo in cui la crisi economica crea più criticità che orizzonti positivi, quindi, sta nell'amministratore lungimirante investire in formazione per l’introduzione di una nuova metodologia di progettazione, che comporta una rivoluzione non solo tecnologica ma soprattutto culturale, e siamo certi che i risultati in termini di efficienza sarebbero presto ripagati. 
 
A livello di recepimento legislativo, ad oggi manca una strategia governativa che abbia come scopo la digitalizzazione dei processi: si sta valutando ancora il tema, ma non sono stati ancora fissati steps programmatici. Numerosi sarebbero i vantaggi rappresentati dall’adozione della metodologia BIM nel caso italiano per tutti i soggetti coinvolti nel processo, dalla stazione appaltante, ai concorrenti, alle imprese aggiudicatrici, fino agli utilizzatori finali: con una metodologia che garantisce una gestione totale e univoca dell’opera ci sarebbe un’ottimizzazione in partenza nella selezione della migliore offerta, nella successiva generazione del progetto, nella sua costruzione e nella sua fruizione e manutenzione, con una lineare riduzione dei costi e dei tempi. Basti pensare che già le stesse stazioni appaltanti potrebbero fornire modelli BIM per la presentazione delle offerte, che queste sarebbero per forza più dettagliate ed oggettive per tutti i concorrenti, che sarebbe più facile la loro stessa valutazione: in seguito il processo progettuale sarebbe integrato coinvolgendo le specifiche professionalità (architettonica, strutturale, impiantistica etc.) in un continuo lavoro di interoperabilità, per poi giungere alla realizzazione dell’opera e del cantiere in maniera più efficiente, ed infine alla gestione e alla manutenzione del costruito che non preveda extracosti significativi. 
 
Si riscontra nelle novità dettate dalla Direttiva Europea in oggetto una possibilità, oltre che il dovere, per poter migliorare e ottimizzare l’attuale Codice Appalti, innovandolo secondo le linee guida europee, ma anche rivedendolo in una logica di semplificazione e di adeguamento a livello internazionale: oltre quindi ai notevoli vantaggi in termini di riduzione dei tempi e dei costi con l’utilizzo del BIM (si parla del 40% per i primi e fino al 33% per i secondi), si potrebbe ottenere una minor incertezza dei tempi di aggiudicazione, una progettazione più programmatica in grado di evitare le numerose varianti in corso d’opera e una gestione controllata della vita del manufatto una volta realizzato.

Non si può tuttavia certo pensare di instaurare un cambiamento culturale semplicemente con obblighi di legge, ma si potrebbe favorire innanzitutto un’implementazione graduale del BIM con la sperimentazione in alcuni progetti-pilota, affiancandolo necessariamente con un importante lavoro di formazione e cominciare, come si sta già facendo, nella creazione di una piattaforma digitale e nella condivisione della strategia da adottare con i professionisti, i produttori e le imprese.

Il recepimento della Direttiva Europea può rappresentare un’opportunità da cogliere per la normativa italiana nell’ottica di una sua complessiva revisione che porti a una generale razionalizzazione ed innovazione: l’introduzione della metodologia BIM o comunque della digitalizzazione del processo costruttivo significherebbe, dopo un iniziale investimento in formazione, una diminuzione dei tempi e dei costi per la realizzazione, ottimizzando così al meglio la spesa pubblica, e una rinnovata competitività delle imprese italiane nei confronti del mercato estero, in una logica orientata allo sviluppo.

*docente a contratto Politecnico di Milano, Titolare studio INM ingegneria
** libero professionista, collaboratore INM ingegneria